Letizia Myolin Frailich, via A. Saffi, 24 - 20123 Milano. Tel.: 340.56.29.722

Le fascie: il fattore nascosto

 

Mi piace poter mettere a confronto esperienze tipicamente orientali con le ultime "scoperte" e tecniche della medicina occidentale per osservare che in realtà i percorsi sono differenti ma molto è il terreno in comune.


Lo Zen Shiatsu

Peculiarità principale dello “Zen Shiatsu” è quella di integrare la richiesta specifica del ricevente in un lavoro più completo, riguardante la persona nella sua totalità, continuando, al momento stesso, a considerare il sintomo con la necessaria cura ed attenzione.
Esistono diversi tipi di Shiatsu, quindi è bene differenziare lo “Zen Shiatsu” dagli altri (es. metodo Namikoshi) poiché il suo continuo sviluppo è stato, ed è ancora oggi, nel rispetto di quel principio base che è la visione energetica del ricevente in quanto “persona” e non soltanto come corpo fisico che evidenzia un problema: la considerazione che la salute dell’uomo non è semplicemente un problema fisiologico autonomo ma uno squilibrio più generale nell’ambito dell’evoluzione personale, comprendente anche gli aspetti funzionali, energetici, psichici e di qualità di pensiero. Il tutto da ricondurre alla singola capacità di ognuno di assimilare le esperienze, riportandole verso quel “nucleo profondo” che è in ogni essere umano, e che chiamiamo “Consapevolezza”.

“Cercando di interpretare correttamente il pensiero cinese, ho cercato, attraverso lo Shiatsu e partendo dalla mia personale ricerca della verità, di stabilire una teoria dei meridiani che sia in totale accordo con la prospettiva d’insieme della medicina orientale”
Shizuto Masunaga


Tessuti fasciali e il movimento

 

La fascia connettivale circonda e avvolge ogni struttura corporea. Ogni osso, ogni muscolo, ogni organo, ogni vaso sanguigno o linfatico, ogni nervo è circondato da un sottile strato di tessuto connettivo con il compito di sostenerlo e proteggerlo. Ognuna di queste strutture non rimane però isolata nella sua “tasca connettivale”, ma, grazie proprio alla fascia si interconnette con le altre strutture creando un continuum, uno strato connettivale, senza soluzione di continuità, che ricopre e si struttura all’interno dell’intero corpo, dalla testa ai piedi.

La fascia costituisce il periostio che circonda le ossa, il pericardio intorno al cuore, il rivestimento esterno dello stomaco e degli intestini, il tessuto sinoviale intorno alle articolazioni, e può assottigliarsi od ispessirsi, a seconda delle esigenze meccaniche o funzionali del corpo, per formare sottili rivestimenti o tasche, borse con azione di ammortizzatori o retinacoli in ogni parte del corpo. La fascia non solo costituisce il rivestimento delle strutture corporee, ma penetra all’interno, profondamente, in molte di esse: ad esempio ogni  muscolo possiede un rivestimento fasciale esterno, il perimisio, da cui si dipartono internamente setti che rivestono ogni fascio di fibre muscolari ed ogni fibra muscolare individualmente (endomisio).

Pertanto la fascia penetra profondamente in queste minute strutture, ma, contemporaneamente, mantiene una connessione con tutti gli altri tessuti fasciali. Questo network fasciale, questa rete tridimensionale diventa di particolare importanza da un punto di vista funzionale, in quanto, essendo la fascia una struttura elastica a tensione reciproca, ogni trazione, stiramento o limitazione a livello locale viene automaticamente ridistribuito sull’intero sistema. Possiamo immaginare la trasmissione di questa energia meccanica come quella di un’onda che si forma gettando in acqua un sasso, onda che diffonde la propria energia circolarmente intorno a sé, riducendo la propria intensità mano a mano ci si allontana dal punto di creazione dell’onda stessa.

Tradizionalmente, soprattutto nella considerazione anatomica e fisiologica, la fascia viene considerata un tessuto inattivo di scarsa importanza, in quanto le si attribuisce prevalentemente la funzione di permettere lo scivolamento fra differenti strutture, quali lo scorrimento dei muscoli fra di loro o sopra le ossa, o degli organi fra loro. Oppure lo scivolamento del connettivo sottocutaneo, cioè della fascia superficiale, sui piani più profondi. 

In realtà essa gioca un ruolo molto importante nella visione kinesiopatica ed osteopatica del corpo umano: grazie alla sua azione di legante fra i vari distretti e segmenti corporei, la fascia diviene fondamentale nell’assorbimento o nel mantenimento di tensioni o traumi, con conseguenti squilibri anche sistemici. Risulta evidente che la gravità dell’azione sistemica dipenderà da molti fattori quali l’intensità  e la quantità di restrizioni fasciali presenti, la presenza di indebolimenti corporei dovuti a concomitanti malattie o a precedenti traumi.

Recenti studi ed intuizioni, inoltre, riconoscono alla fascia anche un ruolo attivo nei processi metabolici e biochimici, sia a livello locale che sistemico. Le cause di lesione fasciale possono essere molteplici: dalle semplici “sbucciature” o microstiramenti fino a lussazioni, torsioni, aderenze o cicatrici fino ad infiammazioni interne od esterne

Il perdurare della restrizione fasciale, comunque, al di là della causa scatenante, può diventare l’origine di una patologia disfunzionale sistemica con sintomatologie anche importanti e non sempre significativamente correlate alla lesione iniziale: mal di testa o di schiena, dolori al collo o torcicolli acuti, crampi, gomito del tennista, tendenza alla distorsione delle caviglie o di altre articolazioni, disturbi o dolori mestruali, febbricola, dolori ai denti, occhiaie sono solo alcuni dei sintomi che si possono sviluppare.

Occorre non dimenticare che, oltre ai fattori chimico/fisici e meccanici, anche le tensioni di origine emotiva possono ripercuotersi significativamente a livello fasciale: quando viviamo delle emozioni, esse sono invariabilmente accompagnate da modificazioni ormonali e risposte muscolo-tensive; quando proviamo paura, rabbia, gioia il nostro corpo si adatta per permetterci di esprimere queste emozioni. La gioia viene accompagnata spesso da fenomeni vasodilatativi e  da un rilassamento generalizzato, mentre la rabbia/difesa si manifesta con un aumento delle catecolamine circolanti, i neuro-ormoni dello stress, e con una risposta muscolo-tensiva generalizzata, con prevalenza dei distretti interessati dal meccanismo di difesa.

Forti emozioni, soprattutto se il corpo non riesce a trovare un modo naturale per “scaricarle”, o situazioni prolungate di stress emotivo, possono lasciare “cicatrici” a livello fasciale......

.................Da un punto di vista Kinesopatico, il ricordo delle esperienze emotivamente significative viene immagazzinato nella fascia: il ricreare lo stesso modello spaziale e la stessa tensione a livello fasciale favorisce la ricostruzione del quadro sinaptico facilitando l’emergere del ricordo; in altre parole, quando il corpo ricrea la posizione e la tensione  presenti in una situazione emotiva del nostro passato, che ha lasciato segni su di noi, il ricordo fisico/emotivo, l’ologramma (immagine tridimensionale) di noi stessi, ricompare nella nostra mente ed è possibile a quel punto facilitarne la liberazione..................il procedimento avviene attraverso la facilitazione della naturale liberazione, senza coercizioni sul corpo o forzando le situazioni in nessun modo, rivelandosi quasi sempre indolore (talvolta il dolore può rivelarsi in situazioni acute) creando un generale senso di benessere, rilassamento e distensione, accompagnato da profonde modificazioni degli stati tensivi. La delicatezza di questo trattamento può essere compresa, in realtà, soltanto dall’esperienza diretta.

Il terapista identifica, in via primaria, l’origine della restrizione fasciale ponendo le mani sul corpo, come per ascoltare i tessuti, percependo le tensioni, le trazioni che si manifestano nella fascia stessa: l’impressione può essere quella che tutte le tensioni e trazioni percepite in questo modo indirizzassero l’attenzione  verso un punto focale, come fili metallici  attratti verso un magnete. Il ricorso a differenti “punti di ascolto”, permette al terapista di crearsi una “visione” attraverso differenti prospettive, permettendogli di costruirsi una immagine del corpo dove coesistono aree di tensione e restrizione ed aree in cui esiste una grande mobilità e libertà del tessuto fasciale.

Una volta identificata l’area focale o un’area di restrizione che è opportuno trattare, il terapista prende contatto con entrambe le mani con quella parte del corpo più appropriata per permettere l’unwinding (srotolamento) fasciale, si sintonizza nuovamente con la fascia e comincia a seguire i movimenti spontanei di liberazione che si verificano, adeguando il proprio contatto ai movimento di torsione, rotazione, trazione che il corpo esprime.

Spesso, per un osservatore esterno, terapista e paziente appaiono immobili, in quanto i movimenti possono sembrare impercettibili; altre volte il corpo si libera attraverso movimenti ampi, macroscopici. Mano a mano che il processo di unwinding si sviluppa, il corpo comincia  a manifestare le sue aree di maggiore restrizione, identificabili dal terapista come un punto di resistenza che impedisce il movimento fluido ed armonioso, come una barriera che frena lo scorrere di un liquido: a quel punto la concentrazione del terapista è focalizzata sul mantenere  il contatto con quella barriera fino al percepire la resistenza dissolversi, quasi sciogliersi in un movimento di assestamento che preclude ad un senso di libertà e mobilità del tessuto, spesso accompagnato da una sensazione di piacevole calore, mentre l’impressione generale può risultare un senso di maggiore armonia ed equilibrio del corpo, accompagnato da una sensazione di benessere da parte del paziente......

........La libertà e la mobilità della fascia e, ovviamente, dei tessuti che essa ricopre, non deve essere vista come la possibilità di compiere ampi movimenti: la mancanza di tensioni o restrizioni rappresenta la capacità fasciale di rispondere in modo elastico ad ogni stimolo, ad ogni esigenza di adattamento dei tessuti.

A livello tissutale, ogni area di rigidità fasciale preclude alla formazione di alterazioni dell’ambiente cellulare: si crea cioè un’alterazione del nutrimento e del ricambio a livello della cellula, la formazione di un ambiente con scarso apporto di ossigeno e quindi tendenzialmente acido, dove i processi di scambio cellulare sono rallentati o difficoltosi. Si forma in sintesi un’area che possiamo definire una cisti energetica, che impedisce a quella parte di integrarsi completamente nel corpo.

Non dimentichiamo che il corpo subisce impercettibili fasi di espansione e contrazione ogni minuto.

La libera circolazione dell’energia, in ogni sua forma, nell’ambito dei tessuti, è una delle condizioni indispensabili per il mantenimento dell’armonia corporea e della salute. L’unwinding, come ogni altra tecnica non invasiva mirata al riequilibrio dell’individuo nel suo insieme, è uno degli strumenti fondamentali per ritrovare il benessere.

 

Tratto da un articolo di: Francesco Gandolfi

 

Chi sono

Trenta anni in cui ho potuto amalgamare la passione con la professione passando attraverso esperienze apparentemente molto diverse ma legate tra loro da un filo irresistibile: la capacità insita in ciascuno di noi di rinnovarsi e trasformarsi.

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