Vivere di emozioni, ovvero "il cervello anarchico"
secondo lo studioso Enzo Soresi
Antifonte, filosofo greco del V secolo a. C., scriveva che «In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia». Questa affermazione che, detta da un filosofo antico, può anche non rivestire alcuna importanza, trova oggi riscontro scientifico in un libro molto serio, quanto facile da leggere e da capire, che ha per titolo "Il cervello anarchico"( Utet) scritto da Enzo Soresi, primario emerito di pneumologia dell' ospedale Niguarda di Milano, che da anni studia gli effetti del nostro stile di vita sull' insorgenza delle malattie. La tesi generale del libro è che la nostra mente, a cui faceva riferimento Antifonte per spiegare le condizioni di salute e malattia, non sta nella nostra testa come siamo soliti credere, ma nel nostro corpo e precisamente nei sistemi neuroendocrino e immunitario, che non sono circuiti chiusi, ma di continuo attraversati e modificati dagli stimoli ambientali che, quando sono favorevoli, garantiscono le condizioni di salute e quando sono sfavorevoli l' insorgenza di malattie. Per persuaderci forse basterebbe considerare la struttura del nostro cervello e il tempo che il nostro cervello ha impiegato per giungere alla sua attuale forma che ne prevede una antica, risalente a circa cinquecento milioni di anni fa, definita «archiencefalo», responsabile dei comportamenti elementari, una meno arcaica definita «cervello antico», rappresentata prevalentemente dal sistema limbico, ove risiede l' affettività, risalente a circa trecento milioni di anni, e una recentissima, definita «neo-corteccia» responsabile delle attività intellettive superiori. Se tutta la storia del mondo fosse condensata in un periodo di ventiquattr' ore, il nostro cervello comparirebbe cinque minuti prima della fine della giornata, e la quasi totalità della storia umana occuperebbe l' ultimo minuto. E' questa una delle ragioni per cui Antonio Damasio ha potuto denunciare "L' errore di Cartesio" (Adelphi 1995) che riteneva di poter interpretare l' uomo a partire dalle idee «chiare e distinte», mentre queste sono profondamente condizionate da fattori emozionali (rintracciabili in ogni atto decisionale per quanto razionale possa o voglia sembrare) ancorati in quel cervello antico di trecento milioni di anni più vecchio della corteccia. L' emozione, che è la prima risposta agli stimoli ambientali, non condiziona solo i processi razionali, ma agisce, modificandoli, sui sistemi neuroendocrino e immunitario, responsabili tanto del benessere quanto dell' insorgenza delle malattie. Basti pensare all' importanza delle carezze della mamma al suo bambino, che risultano determinanti per tutto lo sviluppo biologico del neonato nei primi tre anni di vita, per cui Oliver Sachs nel suo libro "Un antropologo su Marte" (Adelphi 1998), giunge a dire che se da adulti ci abituassimo a maggiori coccole nei rapporti interumani, sicuramente svilupperemmo molto meno malattie sia organiche, sia psichiche. Partendo da queste premesse e soprattutto dalla constatazione che in ordine alla salute e alle malattie le emozioni possiedono una valenza funzionale non dissimile da quella propria delle attività organiche, è nata una nuova scienza denominata PNEI (Psiconeuroendocrinoimmunologia) che valuta il «danno biologico primario» che può registrarsi n
elle modificazioni organiche indotte dalle relazioni esperienziali ed emozionali sul cervello nei primi tre anni di vita, quando i neuroni si posizionano nelle aree specifiche di appartenenza. Una disarmonica costruzione anatomica di alcune strutture cerebrali, dovuta ad esempio alla mancanza di cure da parte di madri anaffettive o patologiche, può essere la premessa allo sviluppo di una patologia organica in età adulta. E questo perché il nostro cervello non è una struttura rigida che segue in modo deterministico i processi a cui presiede, ma è, come dice Enzo Soresi «anarchico», nel senso che, nel bene o nel male, modifica di volta in volta la propria struttura neurale, che a sua volta si ripercuote sul sistema endocrino e immunitario, a partire dagli stimoli favorevoli o sfavorevoli che riceve dall' ambiente. E tutto ciò a livello «individuale», perché certi stimoli sfavorevoli protratti vengono facilmente assorbiti da alcuni individui, mentre favoriscono l' insorgenza di malattie in altri meno immunizzati a causa del danno biologico primario. Ciò consente a Edoardo Boncinelli di dire in un bellissimo articolo che ha per titolo "Il medico tra arte e scienza" (pubblicato su Keiron nel 2000) che la scienza medica si troverà sempre più di fronte a individui anziché di fronte a una serie di fenomeni. Ciò significa che gli organismi umani non potranno più essere considerati una classe omogenea, e che il dogma dei protocolli terapeutici, uguali per tutti, dovrà essere rivisto alla luce delle singole individualità biologiche. Ne consegue che, oltre che delle malattie, la scienza medica dovrà occuparsi delle modalità specifiche con cui quella certa malattia è insorta in quel certo individuo. Non più solo: «Il fumo provoca il cancro» come sta scritto sui nostri pacchetti di sigarette, ma qual è il livello di stress a cui quel certo individuo è sottoposto, per non morire del quale, a un certo punto della sua vita quel certo individuo ha preso a fumare. Lo stress, infatti, a cui tutti siamo sottoposti per il tipo di civiltà che abbiamo organizzato, costituisce quel «danno biologico secondario» che determina un' alterazione dell' equilibrio endocrino con conseguente scorretta produzione dei neurotrasmettitori e lo sviluppo di malattie psicosomatiche. Lo stress non è solo nocivo. Una certa attenzione è persino necessaria per poter fornire prestazioni efficienti, e tuttavia è difficile capire fin dove possiamo «tirare la corda» perché lo stress è una condizione personalizzata sia per quanto riguarda la capacità di risposta del nostro organismo, sia per il tipo di eventi scatenanti. Siccome allo stress non possiamo sottrarci per lo stile di vita imposto dalla nostra cultura, con la prevenzione secondaria possiamo però ridurre i danni di quel processo biologico innescato dallo stress che porta l' organismo ad aggredire se stesso. «Prevenzione secondaria» significa attivare, con opportune pratiche di vita, quelle risorse autoguaritrici che ogni individuo possiede. Nel caso delle
persone stressate o dei fumatori, dove l' alterazione del bilancio ossidativo si ripercuote sull' efficienza del sistema immunitario, risorsa autoguaritrice è aumentare l' attività aerobica con ad esempio camminate giornaliere che aumentano le abilità cognitive, attenuano i deficit motori, stimolano la produzione di nuove cellule nervose (neurogenesi), allontanano lo spettro dell' Alzheimer o della demenza senile. Il nostro cervello, infatti, grazie alla sua plasticità dovuta al fatto che non è «rigido» ma «anarchico», ci consente di combattere le malattie intervenendo sul nostro stile di vita, il quale è in grado di modificare in positivo i messaggi che invia al cervello e che poi il nostro cervello trasmette al sistema immunitario, per cui, conclude Enzo Soresi, se invece di scrivere sui pacchetti di sigarette «il fumo uccide» avessero scritto «cammina un' ora al giorno» oppure «bevi una spremuta d' arancio», si sarebbe avviata una campagna di prevenzione secondaria più interessante di quella attuale, nata in teoria per scoraggiare i fumatori, ma in verità finalizzata a scaricare le società produttrici di tabacco da responsabilità medico-legali. Partendo dall' anarchia del nostro cervello, sensibile non solo ai fattori genetici e biochimici, ma anche a quelli ambientali e culturali, un giorno sarà forse possibile spiegare l' effetto placebo, se non addirittura gli eventi miracolosi come il caso di quel paziente affetto da tumore melanoma disseminato e mortale a breve termine che guarì dopo un incontro con Madre Teresa di Calcutta. Questo miracolo, scrive Enzo Soresi, è interpretabile, dal punto di vista neurobiologico, come uno shock carismatico. infatti la profonda fede religiosa del paziente è la base per spiegare l' evento atteso esattamente come
quando, facendo un placebo a un paziente con dolore, si ottiene il 30-40 per cento di risposta antidolorifica. l' evento atteso, in altre parole di fronte all' atto proposto, scatena una liberazione di neuropeptidi che si diffondono sui recettori cellulari di tutto l' organismo. Nel caso della caduta del dolore (effetto placebo) vanno a saturare i recettori per oppiacei presenti nel nostro cervello. Nel caso del melanoma liberano una cascata di citochine che sono sostanze naturali prodotte dal nostro organismo in grado di difenderci ed eliminare le cellule tumorali. Da anni la scienza ufficiale ricerca le proprietà antigeniche del melanoma per produrre una terapia con vaccino; ma, ahimè, dove la scienza ufficiale tuttora fallisce là può Madre Teresa di Calcutta, ma la premessa assoluta per la guarigione è la forte fede religiosa, ovvero l' attesa dell' evento miracolistico che produce uno shock che qui possiamo definire «carismatico». Conclusioni: 1. Grazie all' anarchia del cervello i nostri processi somatici sono molto meno meccanicistici di quanto l' organicismo imperante oggi ritenga. 2. Gli individui, grazie all' anarchia del loro cervello, sono molto meno simili di quanto i protocolli terapeutici non presuppongono nei loro trattamenti. 3. L' efficacia di un trattamento dipende molto dal rapporto fiduciario che il carisma del medico è in grado di attivare nel paziente. 4. Più lasciamo in pace il nostro cervello, più lo rispettiamo e non lo assediamo con i sistemi di controllo e autocontrollo che la nostra società ci induce, più stiamo bene. 5. Siamo molto più liberi nel decidere la nostra vita, la nostra malattia e la nostra morte di quanto la scienza medica, nata dalla riduzione cartesiana del corpo a organismo, non lasci supporre, per cui non resta che accogliere l' invito di Husserl laddove, nelle Meditazioni cartesiane (1931) scrive: «Dobbiamo qui illustrare ed evitare gli errori seducenti in cui sono caduti Cartesio e i suoi successori». Ne Il cervello anarchico Enzo Soresi, a mio parere ne ha dato un' ottima illustrazione, a cui tutti possono accedere, facilitati dalla quantità di esempi, talvolta ilari e talvolta tragici, con cui Enzo Soresi documenta la sua tesi.
UMBERTO GALIMBERTI 08 dicembre 2005