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Storie di Draghi

Il 2024 è l'anno del Drago

Storie di Draghi

 

 

Tra i vari temi e motivi caratteristici dell'arte cinese, quello del drago è sicuramente il più sorprendente e quello che colpisce maggiormente l'immaginazione. È una delle figure simboliche o fantastiche più frequenti, e tra le più ricche di significato della tradizione cinese. Dalle terrecotte neolitiche, dai bronzi arcaici e dalle giade dell'epoca Shang (XVI-XI a.C.) fino ai ricami delle vesti dei mandarini dell'inizio del nostro secolo, questo tema è stato riprodotto con costanza instancabile ed evidenza continua; si trova sulle ceramiche, le lacche, gli abiti da cerimonia, le balaustre delle gradinate, le grandi pareti-schermo di ceramica policroma, lo si vede sui soffitti dei teatri, sui muri di recinzione dei giardini, ondeggiante, sui cloisonné, su disegni a inchiostro, sulla prua delle imbarcazioni, arrotolato intorno alle colonne all'entrata e sulle tende degli altari dei templi taoisti...


In occasione delle festività, in città la gente del popolo si diverte a nascondersi sotto a lunghi draghi fatti a bruco, di carta dipinta, che spaventano i bambini. In breve, il drago è onnipresente ed è pane integrante della vita quotidiana cinese.

Una creatura benefica
Innanzitutto è caratterizzato dal suo aspetto soprannaturale, ibrido e composito. Di fatto nel corso di tre millenni il suo aspetto talvolta è variato, ma poco. Il drago più comune (detto "lungo"), prende a prestito le proprie caratteristiche da veri animali, nove, si diceva: la testa al cammello, le corna al cervo, gli occhi al coniglio (o al gamberetto, secondo altri), le orecchie alla mucca, il corpo alla lucertola, il ventre alla rana, le scaglie alla carpa, le zampe o le palme alla tigre, gli artigli all'aquila. Accade di rado che sia dotato d'ali (di pipistrello, in tal caso) e poteva essere di vari colori. Si credeva che fosse sordo e si nutrisse di carne di rondine. Infine, elemento importante per il nostro approccio: diversamente da quanto accadeva nell'occidente medievale, in cui rappresentava l'incarnazione del male e delle forze maligne, al contrario, in Cina, il drago è una creature benefica e di buon augurio. Annunciava la pioggia e distribuiva fertilità. Aveva il potere della metamorfosi, il dono di rendersi, a piacimento, visibile o invisibile, e le sue apparizioni in cielo - sempre folgoranti - erano accolte come presagi di messi abbondanti, garanzie di future ricchezze. Si riteneva che i draghi potessero nascondersi e annidarsi ovunque, nei cieli, in acqua, sulla terra e sottoterra.

 

D'altronde, negli ultimi secoli, il drago venue anche associato al potere imperiale: divenne “l’animale emblematico dell'imperatore", detto "Figlio del Cielo", ma anche "Volto di Drago". In questo caso il nostro animale soprannaturale simboleggiava la funzione, che spettava all'imperatore, di assicurare i ritmi stagionali e lo scorrere armonioso della vita. L'Imperatore era garante dell'ordine e della prosperità dell'universo.


Al collo dei draghi era spesso rappresentata una perla appesa, che ricordava il fulgore e la perfezione delle parole dell'imperatore, la precisione del suo pensiero e l'assennatezza degli ordini del sovrano. "Non si discute la perla del drago" soleva ripetere lo stesso Mao Zedong!


Così, in Cina, nonostante il suo aspetto fantastico, il drago non ha mai assunto quelle caratteristiche paurose e bellicose che gli conferirono i nostri artisti, opponendolo a San Giorgio o a San Michele, per esempio. Al contrario, in Cina lo vediamo spesso bonario, che gioca con un compagno a rincorrere una perla infiammata, il "rubino magico", una specie di pallina irta di una voluta, che si riteneva richiamasse la folgore e il rombo del tuono. Per altri, questa "perla lucente", spesso rossa, rappresenterebbe la luna, o ancore il sole, o perfino l'uovo cosmico, che si ritiene contenga tutta l'energia umana condensata. Di fatto, la voluta raffigurata su questa palla, riproduce il segno figurativo del tuono nella scrittura arcaica. Ed è indiscutibile che il drago fosse del resto strettamente connesso alla pioggia, all'acqua e alle nuvole. Di natura essenzialmente acquatica, il drago compariva regolarmente nel mezzo di nuvole o di flutti, e se spesso si contorce con veemenza, è più per manifestare la propria forza, foga e vitalità, che per esprimere aggressività o furore. In Cina veniva percepito come un animale bonario e giocherellone.

Il drago e la pioggia

La maggior parte dei cinesi credeva all'esistenza di queste creature e, ancora all'inizio del nostro secolo, in occasione di un'inchiesta, si è scoperto che quattro persone su cinque condividevano fermamente tale convinzione. Padre Huc, un lazzarista della metà del secolo scorso, nel suo famoso libro “L’Empire chinois" ha raccontato che la gente implorava il drago affinché ponesse fine a una siccità catastrofica. Il mandarino della regione sinistrata, inizialmente emise un proclama per invitare i suoi amministrati a osservare una rigorosa astinenza. Poi ognuno fu invitato ad appendere sopra all'ingresso della propria abitazione delle strisce di carta gialla con scritte formule incantatorie, e ornate con una rappresentazione del drago della Pioggia. Infine, come ultima risorsa, se la siccità persisteva, c'era la consuetudine di organizzare processioni burlesche e stravaganti, nel corso delle quali, accompagnati dal rumore di una musica infernale, si portava per le strade e per i campi un immenso drago fatto di legno e di carta. La pioggia si ostinava ancora a non cadere? Allora, in preda all'esasperazione, a male estremi, estremi rimedi, e le preghiere si trasformavano in maledizioni e, dagli ossequi, si passava alle invettive. E il nostro drago da quel momento veniva "sbeffeggiato e fatto a pezzi dai suoi adoratori inferociti". Un comportamento estremamente significativo, che rivela alcuni aspetti della religiosità cinese.

 

Di fatto, in Cina, ognuno, a seconda della posizione sociale e del grado di istruzione, aveva il proprio modo di percepire o di interpretare i draghi. Per l'uomo comune, della strada o dei campi, il drago era quindi, come abbiamo visto, una creatura benevola e di buon augurio, che annunciava la pioggia e la fertilità, e inoltre era l'emblema dell’imperatore. La sua natura yang, maschile, lo contrapponeva allo yin, di natura femminile e quindi alla fenice, l'emblema dell'imperatrice. Si spiega perché questa due animali emblematici molto spesso siano stati associati e riprodotti insieme.

Ma per gli adepti della setta buddistica contemplativa Chan (o Zen in Giappone), il drago rappresentava infinitamente di più. Simboleggiava la visione fugace, istantanea, evanescente e illusoria della Verità, ed era quindi equiparato a una manifestazione cosmica. D'altra parte, per i taoisti il drago era il Tao stesso, incarnato, cioè la Via, la forza onnipresente che si rivela a noi in un baleno per svanire immediatamente. Perché su questo punto tutti i cinesi sono d'accordo: un drago si mostra soltanto in modo fugace, in una frazione di secondo e soltanto parzialmente; non lo si coglie mai nella sua interezza. Animale fantastico, il drago (di natura yang) abitualmente vive nascosto negli abissi mari, nelle viscere della terra o nelle nubi vaganti (di natura yin). Simboleggia quindi lo slancio spirituale, la potenza divina. Per cui, nel campo dell'arte, si hanno rappresentazioni nervose, gonfie di energia. Come se fossero colti da convulsioni, i draghi torcono e inarcano i loro corpi muscolosi. Nell'arte della Corte imperiale, il drago riveste un aspetto maestoso, brutale e temibile al tempo stesso. Deve esprimere la dignità del potere imperiale.

 

Vengono chiamati draghi Kui i primi draghi raffigurati sui bronzi arcaici, le giade e la ceramica bianca della dinastia Shang. Da quest'epoca (secondo millennio a.C.), sono associati ai riti "di invocazione della pioggia". L'immagine del drago viene allora ravvicinata al tamburo - che effettivamente serviva a chiamare la pioggia -; si pensava che per magia imitatoria il fulmine prolungasse il tuono del tamburo. Quindi, l'alligatore cinese (Alligator sinensis), attualmente in via di estinzione, e che vive in caverne-tane nelle tre province del Basso-Yangtse (Jiangsu, Zheijiang e Anhui), probabilmente è servito da modello ai primi artisti. Lungo circa due metri, questo animale sverna da ottobre ad aprile per ricomparire in primavera, con il ritorno della vita attiva, della vegetazione e della fecondità. D'altronde la sua pelle veniva utilizzata per realizzare tamburi per il culto, che del resto ancor oggi sono detti "tamburi di Pioggia" nell'estremo sud della Cina e nelle attigue contrade montane (Laos, ecc.). Esiste quindi una sicura identità (in origine, almeno) tra il drago e l'alligatore.

 

Padroni della Pioggia, manifestazioni delle forze celesti, si credeva che i draghi lasciassero i propri rifugi terrestri (come l'alligatore!) o le profondità degli oceani, in aprile, per salire in cielo e da lì far cadere la pioggia tra i lampi e il fragore del tuono. Così annunciavano il risveglio della natura e delle sue energie. Poi, all'equinozio d'autunno, ridiscendevano sulla terra, sotto terra e negli abissi oscuri dei mari. La denominazione "long" era riservata al drago residente nei cieli, il più potente, quella "li" al drago (allora sprovvisto di corna) che si nascondeva nell'oceano, e quella "jiao" al drago dalla corazza di scaglie che aveva la tana nelle paludi o nelle grotte delle montagne.

Si credeva che la pioggia risultasse dal combattimento amoroso tra due draghi di sesso "opposto", e alcuni cinesi sensibili, un tempo, rifiutavano di uscire sotto la pioggia, per non essere testimoni indiscreti di questi trastulli fantastici. II combattimento amoroso è sopravissuto in forma di gare e di competizioni tra imbarcazioni-drago, in occasione della festa del 5° giorno del 5° mese lunare (Festa delle barche-drago, Duanwujie in cinese). In occasione della festa delle Lanterne, il 15 della prima luna, grandi draghi a bruco, fatti di tela e di cartone, sotto i quali si nascondono portatori burleschi, serpeggiano nelle strade, in un grande tumulto di grida, risate, petardi, gong e ottoni. In questo caso simboleggia le forze sotterranee della germinazione primaverile, e quindi della fecondità. Nelle superstizioni popolari il drago ha svolto in ogni tempo un ruolo preponderante, come non si può fare a meno di constatare.

Così, per molto tempo, nel nord della Cina, i contadini sono stati incuriositi da strane ossa fossili che capitava loro di dissotterrare spesso e che, con la massima naturalezza, chiamavano "ossa di drago". Di fatto questi resti fossilizzati di dinosauri del trias superiore, che hanno da 70 a 225 milioni di anni, richiamano decisamente quelli degli attuali coccodrilli... Con l'unica differenza che il Phobosuchus del cretaceo superiore, per esempio, probabilmente raggiungeva i dodici metri di lunghezza! Si capisce la perplessità dei contadini davanti a ossa di tali dimensioni, quando le dissotterravano. Le ammucchiavano coscienziosamente per farne medicine e polveri magiche.

 

Nelle leggende della mitologia antica, i draghi fungono da veicoli o da traino per le grandi divinità, per esempio il Padre d'Oriente e la Regina Madre d'Occidente. Huangdi, l'Imperatore Giallo, sovrano leggendario, avrebbe, per primo, realizzato un tamburo con la pelle di un drago. Questi tamburi dominavano il fulmine, e Pangu, il nano cornuto, colui che metteva ordine nel caos, che è rappresentato sulle mura di Dunhuang mentre è intento a fare il giocoliere in un cerchio di tamburi. Dunque simboleggia anche il tuono! Durante il periodo della "società primitiva", il drago fu il simbolo delle forze soprannaturali.

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